Oltre l'impossibile
Oltre l'impossibile
Di Katia Garzotto, edito da Brè Editore l’11 marzo 2022
Oltre l’impossibile è molte cose: un’autobiografia, un atto d’accusa contro la malasanità, è lo sfogo di una madre che ha molto sofferto, è un grido. Aurora, la figlia di Katia, nasce con una malformazione che la rende invalida e lotta insieme ai neogenitori una battaglia durissima per la vita, tra incapacità, incompetenze, incuria. Per fortuna non è così dappertutto, c’è anche chi si prende a cuore con amore. Qui non c’è lieto fine, qui si piange davvero. Perché dunque scrivere? Per accusare? Ormai il danno è fatto e nessuno cerca vendetta o rivalsa. Per informare, quello sì, perché accadrà di nuovo, e i mezzi per evitare il dolore ci sono, dolorosi anch’essi, ma si tratta di sceglie tra dolore grande e dolore “piccolo”.
Katia Garzotto, di Roma, sposata con due figli. Questo è il suo primo libro, nato dall'esigenza di far conoscere la storia della sua prima bambina, morta a soli tredici mesi. Ha smesso di lavorare per dedicarsi ai figli. Ora ha la serenità per raccontare la sua triste vicenda.
La particolarità di questo libro è che racconta una storia vera, vissuta in prima persona dall’autrice.
Consiglio vivamente questo libro soprattutto per chi, come me, fa parte dell’ambito sanitario. La lettura è scorrevole e l’impaginazione impeccabile. Il dolore, la fatica e la stanchezza che la malattia della figlia porta non solo alla madre ma addirittura all’interno della nuova famiglia creatasi e quindi della coppia, vengono descritti in maniera profonda. Mentre il libro scorre, si legge tutta la forza di una mamma che tenta di fare il possibile pur di dare una vita quanto meno degna di essere chiamata tale, ad Aurora. Durante le varie permanenze nei vari reparti ed ospedali, la famiglia incontra moltissimi operatori sanitari (principalmente medici ed infermieri) che ovviamente si comportano in maniera differente. Consiglierei ai miei colleghi, per una volta, di guardare la malattia dall’altro “lato”, ovvero dal punto di vista del genitore che assiste il figlio, perché a volte, presi dalla mole di lavoro e dalle scadenze da rispettare, non ci si accorge che forse un’attenzione in più, una parola di conforto o solamente uno sguardo caritatevole possono fare la differenza e renderci più “umani” nei confronti di chi non può fare nient’altro che aspettare la fine.
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