Dietro le quinte
DIETRO LE QUINTE
Dietro le quinte,
Di Eleonora Zollo, edito da Echos edizioni, il 31 Marzo 2021
<<Adesso che sono piuttosto tranquilla sulle mie possibilità nel futuro, su ciò che sono io e su ciò che pretendo da me stessa, sul mio
sogno di andare a vivere per conto mio e cavarmela da sola, ho realizzato che non mi sono vissuta come si deve l’adolescenza. Perché
non potevo! Così, ogni tanto mi capita di pensare che sono stanca
della solita routine, dei soliti posti, dei soliti discorsi, delle solite
giornate, delle solite notti fatte per dormire. Non ho più voglia di
dormire. Annoiata dalla noia e dalle finte novità. Voglio cambiamenti, voglio svegliarmi al mattino e non sapere dove sarò a fine
giornata, prendere la macchina senza una meta e vedere fino a dove
sono capace di arrivare. Voglio respirare aria di posti nuovi e, perché no, starmene anche da sola a pensare di fronte a un’alba chissà
dove. Voglio sentire quell’adrenalina vitale che solo poche volte ha
corso nelle mie vene. Voglio sentirmi al posto giusto con le persone
giuste, per ridere. Ridere fino a che non mi lacrimano gli occhi e non
mi fa male la gola. Voglio sentirmi a mio agio, con persone che mi
conoscono veramente e con le quali non devo dimostrare nulla perché sanno già tutto della persona che sono. Voglio stare con il naso
all’insù a guardare le stelle tutta la notte. E poi, ritornare in me, solo
un po’ più divertita, e prepararmi alla vita che mi aspetta, fiduciosa
nel futuro. Insomma, voglio cose semplici, che una persona normale
fa, o ha fatto in adolescenza o alla mia età. Voglio vivere. Semplicemente vivere.>>
Eleonora sogna la libertà, sospirandola oltre la gabbia della sua malattia, l'Atrofia Muscolare Spinale, dalla quale è affetta fin dalla nascita. La narrazione di apre con gli episodi dell'infanzia e dell'adolescenza - il rapporto con i genitori, la passione per il canto, la scuola, i primi amori - prosegue con l'età adulta - l'università, gli amici, l'impegno con Telethon - e prende vita dalle relazioni intessute con i numerosi personaggi che animano le pagine del racconto, fino alla conoscenza con Davide, un ragazzo con il quale le circostanze della vita non sono state gentili. Attraverso questo incontro, Eleonora avrà modo di mettere in discussione le sue difese e di guardare in faccia la sua ferita, liberandosi della maschera che da sempre la accompagna. In questo romanzo autobiografico l'autrice si racconta senza veli. Parla di sé e della malattia con ironia e lascia al lettore la possibilità di imparare a conoscerla, rendendolo partecipe delle sue riflessioni su grandi temi della vita come la libertà e l'amore, e scoprendo i retroscena di un'esistenza palpitante, piccante, ardente.
Eleonora Zollo è nata il 2 giugno 1989 ad Asti, dove vive ed esercita la professione di psicologa e psicoterapeuta. Affetta dalla nascita da Atrofia Muscolare Spinale, ricopre il ruolo di vicecoordinatrice Telethon della provincia di Asti ed è referente psicologa della sezione UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare – di Chivasso, in provincia di Torino. Il suo impegno sociale la coinvolge attivamente nell’organizzazione di campagne di raccolta fondi a favore della ricerca scientifica contro le malattie genetiche e rare. La sua passione per l’arte, in ogni sua forma ed espressione, l’ha resa l’artefice di spettacoli teatrali e musicali volti alla sensibilizzazione sulla disabilità. Dietro le quinte è il suo romanzo d’esordio.
La particolarità di questo libro è quella di essere suddiviso in tre parti: il riflesso della luna, dietro la maschera e il volo del colibrì.
Questo libro mi è piaciuto perché è un inno alla vita. Racconta appunto la storia dell'autrice dall'adolescenza all'età adulta. La lettura è leggera e scorrevole. La cosa che più mi è piaciuta è stata che in tutta la storia, la malattia ha un ruolo marginale seppur importante; mi spiego meglio: scorrendo i vari eventi che si susseguono nella narrazione si ha la percezione di leggere la vita di un'adolescente qualsiasi. Ci si ricorda della presenza della SMA solo quando vengono citate le varie assistenti (che poi in realtà diventano amiche) e quando l'autrice racconta dei suoi ricoveri a Villa Beretta ma, a mio avviso, è così che dovrebbero essere trattate le persone disabili, perché a parte qualche deficit fisico (in questo caso) non hanno nulla di diverso rispetto ai cosiddetti "normali".
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